Addio a Krzystof Pendercki, ultima grande voce del ’900

di Stefano Ragni – La scomparsa di Krzystof Pendercki lascia nel mondo della musica un vuoto incolmabile, perché con lui si chiude la stagione dei grandi autori del 900. La sua lunga stagione compositiva lo aveva collocato in una singolare posizione: quello di essere un “classico” vivente, uno sperimentatore dell’avanguardia che aveva saputo innalzarsi a icona di uno stile accertabile e riconoscibile, saldo nei suoi parametri creativi, capace di mantenersi coerente mentre intorno a lui tutto si dissolveva, si liquefaceva e si vaporizzava.

Polacco di fede e di formazione culturale, Penderecki aveva studiato nel Conservatorio di Cracovia, città nella quale, nel ’58 venne ordinato vescovo ausiliare colui che diventerà papa col nome di Giovanni Paolo II. Nel ’72, Penderecki vi sarà a sua volta nominato rettore dell’Accademia di musica.

Nel frattempo era avvenuto l’ingresso del giovane autore nel mondo della musica europea: dal 1966, dopo la esecuzione della “Passione secondo san Luca” avvenuta nella cattedrale di Munster, Penderecki era un protagonista della Nuova Musica. La Passione è stata definita “pasoliniana” per la sua capacità di comunicativa al di là della scrittura modernissima. Questo voleva dire che già allora il prezioso artigianato del maestro polacco era sorretto da forti convinzioni religiose e da una solida impalcatura politica. Posizione accreditata, appena l’anno dopo, con “I Diavoli di Loudon”, opera desunta dal romanzo di Aldous Huxley. Il grande pubblico che non frequentava i festival di musica moderna, lo conosceva comunque per due sue clamorose presenze come autore di colonne sonore di film quali “The exorcist” di Friedkin e “Shining” di Stanley Kubrik.

Per un autore del genere il catalogo delle sue presenza nei cartelloni delle massime stagioni musicali umbre non fa difetto. Citiamo, tra le sue ultime presenze quella al Duomo di Orvieto, il 5 marzo del 2016, nel tradizionale Concerto di Pasqua promosso dal Festival “Omaggio all’Umbria”. Il maestro, già ultraottantenne diresse l’Orchestra Giovanile Cherubini concertando il suo Adagio dalla Terza Sinfonia e la Nona Sinfonia di Dvorak. Sotto le volte del Maitani, del Signorelli e del Beato Angelico Penderecki segnò un’altra luminosa tappa di quel grande progetto con cui Laura Musella, creatrice della manifestazione, ha continuato ad avvolgere l’Umbria con la bellezza della musica. «Sono molto dispiaciuta della scomparsa di questo grande maestro – ha dichiarato Laura Musella -, ma sono soltanto felice di averlo avuto nei miei programmi. Sarà per me e per chi ama i miei Concerti di Pasqua un ricordo senza confini».

Lo stesso Adagio era stato concertato dallo stesso autore in san Domenico a Città di Castello nel 2005: il festival delle Nazioni lo aveva ospitato con l’Orchestra di Vilnius.

Nella musica perugina si può partire anche da più lontano. La grande Sagra Musicale Umbra di Francesco Siciliani, il 13 settembre del 1962, diciassettesima edizione, aveva proposto una delle partiture con cui Penderecki aveva agguantato la realtà. Si trattava della “Trenodia per Hiroshima” per 52 archi e il luogo più propizio non poteva essere che l’aula Magna dell’Università per Stranieri, che forse sarà stata un po’ stretta per il coro e i Filarmonici di Cracovia diretta da Andrej Markovski. Ma era pur sempre l’Università di Capitini e la Città della Marcia della Pace. Il 19 settembre del ’70, la 25esima edizione della Sagra inaugurava con un tutto Penderecki: in san Pietro Utrenja (Deposizione) e Stabat Mater con coro di Cracovia e orchestra della Rai di Roma, direttore Jerzy Katlevicz. Il 27 settembre dell’80 ancora la Sagra, stavolta nella basilica superiore di san Francesco, per alcune partiture come “Sogno di Giacobbe”, Adagio da “Paradise lost”, Stabat Mater e Te Deum, quest’ultimo dedicato all’amico di Cracovia, il papa Giovanni Paolo II. E c’era lui, Penderecki, a dirigere il coro di Cracovia e l’orchestra della Radiotelevisione Polacca.

Gli Amici della Musica sempre molto aperti alle innovazioni di repertorio, già dal ’65 vantano nei loro programmai il nome di Penderecki, onorando l’appuntamento con Orchestra e coro di Cracovia al teatro Morlacchi, dove il citato Andrej Markovski dirigeva “Trenos, musica funebre” del 1961.

Era il 3 marzo del ’63 quando il mitico La Salle suonava il Quartetto del 1960 di Penderecki, contornandolo con “Aleatorio” di Franco Evangelisti e Lyrische Suite di Alban Berg

Il 21 febbraio del ’69 lo stupefacente coro dell’ORTF, radiotelevisione francese faceva ascoltare in Galleria Nazionale lo Stabat Mater.

Dovrà passare qualche anno prima di avere un’altra straordinaria presenza della musica del grande polacco; il 10 aprile del ’75 la Sudwestdeutches diretta da Paul Angerer e stiamo parlando di un grande direttore, presentava il Concerto per oboe e 11 archi, affidando la parte solistica a Ingo Goritski. Appena una settimana dopo, il 15, un gigante polimorfo del violoncello era alle prese, nella Galleria Nazionale, con il Capriccio a lui dedicato nel 1967. E ci sarà ancora una star, la clarinettista Sabine Meyer, per punteggiare, con il suo Ensemble Collages il Sestetto di Penderecki in un concerto dai contorni straordinari: era il 29 aprile del 2006 e la serata si chiudeva con un analogo Sestetto di von Dohnany, una partitura piuttosto complessa del 1935.

Tradizione nella trasformazione: gli Amici della Musica non hanno mai perso una stagione, offrendoci il meglio delle riflessioni e degli echi del mondo. Forse anche per questo, nella particolare condizione che stiamo vivendo, ci mancano molto.

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