Torgiano, la Filarmonica Luporini di san Gennaro in una serata fantasmagorica tra jazz e pop

Un concerto di altissimo livello, con sezioni ben intonate, percussioni esattissime e una fluidità di esposizione grazie al maestro del livello di Lazzeri

di Stefano Ragni

Autentica trasfigurazione sonora di una serata con ovazioni e applausi, con un finale che sembra non arrivare mai. Un pubblico di quasi trecento persone che occupano ogni sedia, sindaco Liberti e vicesindaco Persia, con assessore Elena Falaschi insieme a una nutrita schiera di sostenitori finanziari, Mericat, Mateg, Vimart, Emmea, Screenitalia, Colabeton, Fondazione Lungarotti e tenuta Montenero.

E accanto a monsignor Piccioni i rappresentati dell’associazione Scarponi, presidente Attilio Gambacorta e consiglieri Antonio e Cesare Fasi, Alessandro Zucchetti. Una singolare concordia di intenti ha dato vita sabato sera al tradizionale concerto d’estate con cui la Associazione musicale “Ciro Scarponi” ha voluto rinnovare il suo appuntamento con il pubblico torgianese ricorrendo a una formula sicura e collaudata, la Filarmonica Gaetano Luporini di san Gennaro di Lucca, il suo direttore Giampaolo Lazzeri e la voce maestra di Andrea Celeste, una talentuosa cantante di scuola genovese. Un programma disteso tra il repertorio jazz e il pop, con un arricchimento che era destinato ad essere una sorpresa, la presenza di un giovanissimo clarinettista, vera rivelazione per virtuosismo, musicalità e simpatia. Marco Conti Bellocchi, appena ventenne, siciliano di Capo d’Orlando, neolaureato al Conservatorio di Messina, lo avevamo ascoltato in dicembre al teatro Morlacchi, nella formazione della banda sinfonica Giovanile dell’Anbima.



Difficile coglierne il talento nel contesto della complessità dell’insieme, ma di questa voce se ne era accorto il maestro Lazzeri, che alla prima occasione, come presidente dell’Anbima, ha voluto valorizzare il giovanissimo strumentista in un contesto di alto spessore. Prima che spicchi il volo, perché a breve Marco andrà in Olanda a usufruire di una borsa di studio concessagli dalla Orchestra del Concertghebouw di Amsterdam, uno dei migliori organici del mondo. Un altro talento che se ne va, perché qui da noi si sa come vanno le cose.
La presenza di un clarinettista di questo spessore è stata la circostanza giusta per ricordare la figura del giovanissimo Scarponi, il clarinettista che ha portato il nome di Torgiano nel mondo e che mosse la sua strepitosa carriera proprio dalla banda cittadina.

Stessa attitudine umile ad affrontare il grande repertorio, consapevolezza del proprio valore, sguardo fisso a un ideale lontano e tanta capacità di affrontare grandi sacrifici quotidiani in un percorso di cui non si vede mai la fine. E come Ciro, anche Marco ce la farà. Ce lo ha promesso suonando da vero dominatore uno dei pezzi più difficili del repertorio, il Concerto per clarinetto di Artie Shaw, uno dei maestro del jazz sinfonico, ebreo della diaspora a New York, dove seppe affermarsi come strumentista, compositore e attore, guadagnatosi anche il singolare record di mogli, ben otto, tra cui Lana Turner e Ava Gardner.

Nel 1941, alla vigilia della sua partenza per il fronte del Pacifico, consegnò alla storia questo pezzo che si affronta solo con la consapevolezza di saperlo dominare. Al disotto di un tessuto jazzistico, l’anima ebrea del kletzmer emerge con squarci struggenti, che diventano strali acuminati nel momento in cui il virtuosismo si impenna in acrobatiche sequenze, come quella finale dove lo strumento, non ancora domato da tanto fervore, si innalza a un do sovracuto che è un vero e proprio vertice di dominio, un “segno del comando” che a pochi è dato di possedere.

Consapevoli del regalo che ha voluto farci il maestro Lazzeri in questo suo ritorno torgianese, avevamo apprezzato Marco anche nella sezione blues che Michele Mangani eccellente manipolatore di partiture aveva tratto dalla Rapsody in blue di Gershwin dove Conti Bellocchi si era, per così dire, scaldato l’ancia sulla cantabilità diffusa dello strumento, aprendo in tal modo la strada alla deuteragonista della serata, la citata Andrea Celeste.
La conferma della bellezza timbrica della concittadina di Lazzeri si è avuta subito con un celeberrimo song dello stesso Gershwin The man i love, dando inizio a un suggestivo percorso melodico di brani di Canfora-Mina, di Webber, Hamlish, la desideratissima Imagine di Lennon, strumentata da Lazzeri, il coinvolgente Halleluja di Cohen miscelato da Mangani. Fino al lussureggiante richiamo timbrico di Echi dall’infinito e il commiato con La voce del silenzio di Paolo Limiti, ancora nell’arrangiamento Mangani.

In tutto il percorso ha Filarmonica Luporini ha saputo tenere un atteggiamento esecutivo di altissimo livello, con sezioni ben intonate, percussioni esattissime e una fluidità di esposizione che deriva dalla lunga consuetudine con la concertazione di un maestro del livello di Lazzeri. Difficile pensare che un paesino della Lucchesia di appena seicento abitanti, abbia saputo, in oltre cento anni di vita, mantenere una capacità di tenuta quantitativa e qualitativa, affrontando anche la sfida della modernità con un atteggiamento che merita alla formazione del presidente Sodini il sostengo economico di una grande istituzione come la Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca che le affida il tempio di san Francesco per due concerti annuali, a Natale e a Pasqua, una delle manifestazioni più alte nel contesto dell’antica repubblica di banchieri.
Ora saremmo arrivati alla fine, ma il pubblico non si alza e gli applausi continuano.
Momenti di consultazioni, poi rispunta il trio con Lazzeri che convoca nuovamente Marco per la ripetizione del finale di Shaw, dalla cadenza con le percussioni al finale lancinante. Una sfida che si può affrontare impunemente solo a vent’anni. Ma non basta e Andrea canta ancora e solo allora, ma molto lentamente, il pubblico comincia a defluire, avendo incassato la promessa che il prossimo anno ci troveremo ancora qui. Resta da rimettere in sesto la piazza e assemblare le quasi trecento sedie. Impegno affrontato con filosofia dal presidente Gambacorta e dai suoi consiglieri. A anche questo vuol dire vivere una “associazione”.

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